SEGNALAZIONE Quando il Diavolo perse il cappello
AUTORE: Francesco Olivucci
SU INSTAGRAM: @fra.olivucci
Link del libro al sito ufficiale CE:
Link del libro su Amazon:
Trama:
La Val del Razio è sotto il giogo di un nefasto malocchio: creature oscure affollano i monti e i corsi d'acqua, mentre dalla terra risalgono insoliti ruggiti che sembrano annunciare che la guerra è alle porte. Soltanto ritrovare il Cappello del Diavolo potrà risanare la vallata. Il gravoso compito spetterà a Larianna, figlia più giovane della famiglia Olmi. Affiancata nel compito da Arturo, promesso sposo di Ida, sorella di Larianna, la giovane dovrà cercare alleati in questo e nell'altro mondo. Seguita nelle sue peripezie dal buffo Mazapegul, folletto della tradizione romagnola, verrà iniziata alle arti stregonesche dal misterioso eremita che tutti conoscono come "Pretaccio", per poi cercare alleati tra i morti di quelle valli. Ma l'arrivo della guerra e di antiche streghe con lo stesso fine della giovane renderanno il compito ancora più difficile. Così, tra banditi e soldatacci, fantasmi e serpenti mostruosi, Larianna dovrà farsi strada a colpi di magia per ritrovare il cappello e porre fine alla maledizione.
Recensioni:
Questa storia vi farà catapultare in una vallata della Romagna di inizio 900’, con i suoi paesini, la semplicità della gente e della vita, il rapporto stretto con la natura. Insomma, grazie alle descrizioni e alla bellissima mappa, sembra davvero di immergersi nel racconto e di immaginarsi i paesaggi mozzafiato tutt’attorno.
Quest’opera ha la capacità di mettere insieme elementi molto diversi, ma che si incastrano alla perfezione: un pizzico di fantasy o, per meglio dire, di superstizione popolare che viaggia in parallelo al folklore e alla centralità della religione nella vita della popolazione.
Molto originale l’idea di inserire dei termini e delle frasi in dialetto, con le opportune traduzioni, per conoscere ancora più da vicino questa regione. Ho amato il piccolo Mazapegul, soprattutto immaginarmi questo buffo esserino rosso
La scrittura è scorrevole, brillante, con parti davvero divertenti e altre impregnate da un’atmosfera più cupa, in grado di trasportarci facilmente in ogni situazione è vicenda. Ho apprezzato la conclusione del racconto, non lascia nulla in sospeso e non è stata per nulla scontata.
Quest’opera ha la capacità di mettere insieme elementi molto diversi, ma che si incastrano alla perfezione: un pizzico di fantasy o, per meglio dire, di superstizione popolare che viaggia in parallelo al folklore e alla centralità della religione nella vita della popolazione.
Molto originale l’idea di inserire dei termini e delle frasi in dialetto, con le opportune traduzioni, per conoscere ancora più da vicino questa regione. Ho amato il piccolo Mazapegul, soprattutto immaginarmi questo buffo esserino rosso

La scrittura è scorrevole, brillante, con parti davvero divertenti e altre impregnate da un’atmosfera più cupa, in grado di trasportarci facilmente in ogni situazione è vicenda. Ho apprezzato la conclusione del racconto, non lascia nulla in sospeso e non è stata per nulla scontata.
Utente Amazon
Quando il Diavolo perse il cappello" è un fantasy ambientato a Novamenia, un paesino nella Romagna di inizio '900 ed è un libro che consiglio sia agli amanti del genere che non. Il fantastico infatti è presente e fondamentale ai fini della trama, ma la magia di questo mondo non è "classica" quanto più basata sulle tradizioni e sul folklore di quei territori. Un tipo di fantasy che mi ha ricordato "Il maestro e Margherita" per certi versi.
All'inizio pensavo sarebbe stato un libro dal tono leggero, ci vengono presentati i personaggi, ci vengono descritte le loro attività quotidiane come i lavori nei campi, con gli animali, le feste di paese coi loro balli e canti tipici. Andando avanti si inizia a capire che i risvolti sono più sinistri fino ad arrivare all'inizio della guerra e l'atmosfera cambia completamente.
Ho amato che i personaggi parlassero in dialetto e che per le parole, detti e frasi più strette ci fosse la traduzione a fondo pagina. Li ha resi secondo me ancora più vividi e veri, caratterizzandoli alla perfezione. Mi sono rimasti tutti bene impressi, anche quelli secondari, nonostante fossero tanti.
La storia è intrigante e mai scontata e questo, insieme allo stile di scrittura, fa scorrere la lettura che è una bellezza.
È stato super interessante perché ho scoperto tanti usi, modi e superstizioni che non conoscevo.
È stato straziante leggere della guerra in quanto vengono riportati alcuni fatti e stragi realmente accaduti ma sempre descritti con un profondo rispetto, trattando il tema nel modo giusto.
Complimenti all'autore per questa chicca nel panorama del fantasy italiano.
All'inizio pensavo sarebbe stato un libro dal tono leggero, ci vengono presentati i personaggi, ci vengono descritte le loro attività quotidiane come i lavori nei campi, con gli animali, le feste di paese coi loro balli e canti tipici. Andando avanti si inizia a capire che i risvolti sono più sinistri fino ad arrivare all'inizio della guerra e l'atmosfera cambia completamente.
Ho amato che i personaggi parlassero in dialetto e che per le parole, detti e frasi più strette ci fosse la traduzione a fondo pagina. Li ha resi secondo me ancora più vividi e veri, caratterizzandoli alla perfezione. Mi sono rimasti tutti bene impressi, anche quelli secondari, nonostante fossero tanti.
La storia è intrigante e mai scontata e questo, insieme allo stile di scrittura, fa scorrere la lettura che è una bellezza.
È stato super interessante perché ho scoperto tanti usi, modi e superstizioni che non conoscevo.
È stato straziante leggere della guerra in quanto vengono riportati alcuni fatti e stragi realmente accaduti ma sempre descritti con un profondo rispetto, trattando il tema nel modo giusto.
Complimenti all'autore per questa chicca nel panorama del fantasy italiano.
Utente Amazon
L'autore dipinge con passione e dedizione ogni personaggio, e il mondo in cui si svolge la storia emana un fascino irresistibile in ogni pagina. La sua creatività e abilità nella scrittura sono palesemente evidenti, e l'ispirazione tratta dalla sua terra d'origine rappresenta il tocco finale che promette una lettura entusiasmante. Inoltre, questo fantasy incorpora elementi del folklore Romagnolo, presentando la figura affascinante del Mazapegul.
Consigliato!
Consigliato!
Utente Amazon
"Quando il Diavolo perse il cappello" è un libro fantasy straordinario che affonda le radici nel cuore dell'antica regione della Romagna. L'autore ci guida attraverso un mondo ricco di misteri, creature magiche e personaggi eroici ma, al tempo stesso, comuni, creando un ambiente autentico e coinvolgente che cattura l'immaginazione del lettore dall'inizio alla fine.
La Romagna stessa diventa un personaggio importante nella storia, con il suo paesaggio suggestivo e la sua storia ricca di miti e leggende; ma saranno la piccola protagonista Larianna e i suoi co-protagonisti a rubarvi il cuore e farvi completamente immergere in questo mondo magico e al tempo stesso dal sapore familiare.
"Quando il Diavolo perse il cappello" è decisamente un viaggio (metaforico per alcuni personaggi, reale per altri) avventuroso e coinvolgente che rimarrà nei vostri cuori per molto tempo dopo aver girato l'ultima pagina.
La Romagna stessa diventa un personaggio importante nella storia, con il suo paesaggio suggestivo e la sua storia ricca di miti e leggende; ma saranno la piccola protagonista Larianna e i suoi co-protagonisti a rubarvi il cuore e farvi completamente immergere in questo mondo magico e al tempo stesso dal sapore familiare.
"Quando il Diavolo perse il cappello" è decisamente un viaggio (metaforico per alcuni personaggi, reale per altri) avventuroso e coinvolgente che rimarrà nei vostri cuori per molto tempo dopo aver girato l'ultima pagina.
Utente Amazon
Estratto:
Larianna lo vide soltanto quando lui decise di farsi vedere. La prima cosa a emergere dall’oscurità furono i denti bianchi, su cui si specchiava la luce della luna. Poi vide gli occhi, piccoli, un paio di occhi per i quali il resto del mondo aveva smesso di esistere: c’era soltanto lei, una bambina nel bosco. La pelliccia grigia era inumidita dalla neve e le zampe sprofondavano nel fango, mentre avanzava. La pancia era sottile. Era la pancia di un animale digiuno da tempo. Il lupo si fermò dove Larianna poteva vederlo bene: cercava di valutare la sua preda.
Sperava che la divorasse senza farla soffrire. Era così grosso che non ci sarebbe voluto molto: due o tre morsi. Una capanna: le apparve così vicina che si sorprese di non averla vista prima, a pochi passi da lei, tra due piante. Era costruita alla buona, ma se fosse riuscita a entrarci poteva sperare che il lupo, durante la nottata, si sarebbe stancato di attendere e sarebbe andato a cercare bambine da un’altra parte. C’era solo un problema: per raggiungere la vecchia capanna, avrebbe dovuto girare le spalle al lupo.
Dai, scemenza, o così o così: girati, cammina e infilati in quella capannaccia. Ma non ti azzardare a correre. E non ti girare indietro. Buga e inchiava la porta. Adesso: uno, due e tre.
Si girò e iniziò a camminare. Dietro di lei, non udiva alcun rumore. Soltanto il frusciare dei rami alti delle piante che si sovrapponeva allo scalpiccio dei suoi piedi che affondavano nel fango. Un passo dopo l’altro, si avvicinò alla capanna.
Il lupo era stato silenzioso. Quando Larianna era ormai alla capanna, se lo trovò davanti, a bloccarle la via verso l’uscio. Le gambe le cedettero e fu sul punto di svenire, e il lupo se ne accorse. La bestia aveva valutato l’entità della sua preda: una preda facile, da acchiappare subito.
Della faccia, si vedevano appena gli occhi: una barbaccia lorda e nera e dei capelli ancora più lordi gli coprivano il volto. Erano capelli che non avevano mai incontrato un pettine, in alcuni punti erano aggrovigliati con dei rami che riposavano in quella folta chioma ormai da tempo. L’uomo, grande e largo quanto un orso, era avvolto in una vecchia pelliccia di capra o di birro, bruna e lorda quanto tutto il resto. Teneva nelle mani un bastone di legno ricoperto di incisioni fatte a mano che rappresentavano ogni sorta di creatura fantastica o mostruosa: grosse bisce alate, spettri, diavoli cornuti e vecchie a cavallo di caproni, dame vestite da signora e cavalieri scheletrici. Nella parte più alta, il bastone si allargava e appiattiva, assumendo la forma di una caveja.
Si avvicinò al lupo tagliandogli la strada verso la sua preda, e quello mostrò i denti. L’omone si abbassò fino ad appoggiare un ginocchio a terra e posò il bastone. Poi, allungò una mano nuda verso il lupo, con il palmo rivolto verso l’alto. Larianna guardò la scena immobile: l’uomo aveva delle manone enormi, c’era da dubitare che il lupo riuscisse a metterne una in bocca. L’animale si avvicinò abbastanza da sfiorare la mano dell’uomo con il naso, si girò e se ne andò.
Larianna stava ringraziando tutti i santi. L’uomo si alzò di botto e picchiò il bastone per terra. Il lupo si girò di colpo e fece per attaccare di nuovo. Questa volta, però, l’uomo non allungò la mano, ma il bastone. Il lupo scattava in avanti di qualche passo, cercando di spaventare l’uomo, poi, accorgendosi che l’attacco non aveva l’effetto sperato, si allontanava. Ballarono ancora per un po’ quella musica, poi, di botto, il lupo piegò la testa e si abbassò fino a sdraiarsi a terra. Allo stregone bastò posare piano il bastone sulla sua testa, per fargli capire chi comandava. Appena lo tolse, questo si mostrò tranquillo e l’uomo poté accarezzarlo: il lupo era domato.
Larianna non aveva bisogno di fare domande; aveva capito che l’uomo che aveva di fronte era il Pretaccio.
Sperava che la divorasse senza farla soffrire. Era così grosso che non ci sarebbe voluto molto: due o tre morsi. Una capanna: le apparve così vicina che si sorprese di non averla vista prima, a pochi passi da lei, tra due piante. Era costruita alla buona, ma se fosse riuscita a entrarci poteva sperare che il lupo, durante la nottata, si sarebbe stancato di attendere e sarebbe andato a cercare bambine da un’altra parte. C’era solo un problema: per raggiungere la vecchia capanna, avrebbe dovuto girare le spalle al lupo.
Dai, scemenza, o così o così: girati, cammina e infilati in quella capannaccia. Ma non ti azzardare a correre. E non ti girare indietro. Buga e inchiava la porta. Adesso: uno, due e tre.
Si girò e iniziò a camminare. Dietro di lei, non udiva alcun rumore. Soltanto il frusciare dei rami alti delle piante che si sovrapponeva allo scalpiccio dei suoi piedi che affondavano nel fango. Un passo dopo l’altro, si avvicinò alla capanna.
Il lupo era stato silenzioso. Quando Larianna era ormai alla capanna, se lo trovò davanti, a bloccarle la via verso l’uscio. Le gambe le cedettero e fu sul punto di svenire, e il lupo se ne accorse. La bestia aveva valutato l’entità della sua preda: una preda facile, da acchiappare subito.
Della faccia, si vedevano appena gli occhi: una barbaccia lorda e nera e dei capelli ancora più lordi gli coprivano il volto. Erano capelli che non avevano mai incontrato un pettine, in alcuni punti erano aggrovigliati con dei rami che riposavano in quella folta chioma ormai da tempo. L’uomo, grande e largo quanto un orso, era avvolto in una vecchia pelliccia di capra o di birro, bruna e lorda quanto tutto il resto. Teneva nelle mani un bastone di legno ricoperto di incisioni fatte a mano che rappresentavano ogni sorta di creatura fantastica o mostruosa: grosse bisce alate, spettri, diavoli cornuti e vecchie a cavallo di caproni, dame vestite da signora e cavalieri scheletrici. Nella parte più alta, il bastone si allargava e appiattiva, assumendo la forma di una caveja.
Si avvicinò al lupo tagliandogli la strada verso la sua preda, e quello mostrò i denti. L’omone si abbassò fino ad appoggiare un ginocchio a terra e posò il bastone. Poi, allungò una mano nuda verso il lupo, con il palmo rivolto verso l’alto. Larianna guardò la scena immobile: l’uomo aveva delle manone enormi, c’era da dubitare che il lupo riuscisse a metterne una in bocca. L’animale si avvicinò abbastanza da sfiorare la mano dell’uomo con il naso, si girò e se ne andò.
Larianna stava ringraziando tutti i santi. L’uomo si alzò di botto e picchiò il bastone per terra. Il lupo si girò di colpo e fece per attaccare di nuovo. Questa volta, però, l’uomo non allungò la mano, ma il bastone. Il lupo scattava in avanti di qualche passo, cercando di spaventare l’uomo, poi, accorgendosi che l’attacco non aveva l’effetto sperato, si allontanava. Ballarono ancora per un po’ quella musica, poi, di botto, il lupo piegò la testa e si abbassò fino a sdraiarsi a terra. Allo stregone bastò posare piano il bastone sulla sua testa, per fargli capire chi comandava. Appena lo tolse, questo si mostrò tranquillo e l’uomo poté accarezzarlo: il lupo era domato.
Larianna non aveva bisogno di fare domande; aveva capito che l’uomo che aveva di fronte era il Pretaccio.
Commenti
Posta un commento