ESTRATTO La nuova era
«Spesso la nostra vita è quello che pensiamo in un determinato momento, imponendoci da soli dei limiti. Se io ti dicessi che tutto quello che ti è successo oggi è solo una reazione a qualcosa? Che oggi dovevi essere licenziato, e che dovevi salire sul mio taxi? Probabilmente il nostro incontro non è fortuito ma è la reazione dovuta a diverse azioni compiute da te in questi mesi. Per esempio, ora io potevo starmene zitto, potevi salire qui, indicarmi la tua destinazione e restare tutto il tempo del viaggio in silenzio a fissare la macchina davanti, o la bicicletta a fianco, invece ti sei aperto con me e siamo arrivati qui, a parlare della tua vita. Fammi indovinare, tu normalmente sei una persona timida vero?» mi chiede concludendo quel discorso che non avevo capito del tutto. «Sì, lo sono sempre stato». «Però ti sei confidato con un estraneo mai visto prima d’ora» cominciavo a capire dove voleva arrivare. «Siamo tutti collegati in un certo senso Leonardo ma tu oggi dovevi incontrare me e me soltanto, la domanda giusta è: perché? Cosa ti lascia questo incontro?». Quell’unica domanda fece decollare la mia immaginazione in ogni parte del mondo, dalla montagna più alta, al mare più profondo, dal tempio più sperduto nella giungla birmana, alla chiesa più antica del medioevo italiano. Geremia ha ragione, c’è un motivo per cui oggi proprio lui dovevo incontrare. Forse doveva risvegliarmi, forse dovrei correre a casa prendere Jennifer e lasciare Londra, o forse sono solo uno sciocco che si fida di un signore gentile che lo ha caricato per strada. Parliamo ancora durante quel viaggio che mi sembra interminabile e con grande sorpresa scopro che Geremia ed io la pensiamo allo stesso modo riguardo molte cose, tra cui la Nuova Era e il nuovo farmaco che stava prendendo piede.
«Come mai sei rimasto a Londra tutti questi anni se hai sempre amato viaggiare?». «Bella domanda Leonardo. Tutti i giorni mi chiedo il perché di quello che mi capita e, molto probabilmente, la risposta alla tua domanda è che dovevo incontrarti». Con quelle parole ormai siamo arrivati alla nostra meta. Quando prendo la carta per pagare il conto Geremia mi blocca dicendomi «siamo pari, tu hai dato a me e io ho dato a te». Provo in tutti i modi a pagare quel viaggio assurdo ma non vuole sentire ragione. Ci salutiamo come due vecchi amici. Mentre si allontana mi accorgo di un particolare che al suo arrivo non avevo notato. Avevo riconosciuto il modello del taxi ma sul tetto della macchina mancava la placca luminosa e ora che ci penso non c’era nemmeno il tassametro! Quello non era un taxi e Geremia non era sicuramente un tassista.
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